16.03.2015

LA COSTA DELL’ URUGUAY E IL BRASILE DEL SUD

16.03.2015

LA COSTA DELL’ URUGUAY E IL BRASILE DEL SUD

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(Nelle immagini notturne prima di tutto c’è bisogno di pazienza, poi di molta attenzione e infine di un buon cavalletto. Per poter scattare durante situazioni di scarsa luminosità, è necessario utilizzare tempi di esposizione molto lunghi, anche di 15 secondi a seconda dell’apertura dell’otturatore, per questo la macchina fotografica dev’essere perfettamente immobile e un buon cavalletto a questo punto diventa necessario)

Siamo partiti da Buenos Aires con il proposito di ripercorrere gran parte dell’America Latina, di scoprire luoghi nuovi, fuori dai circuiti classici.
Finora abbiamo coperto circa 5000 chilometri degli oltre 24000 che abbiamo previsto. Niente aerei, solo autobus, barche e treni.
Di fatto il nostro viaggio ha cominciato a farsi interessante una volta lasciate le due grandi dame: Buenos Aires e Montevideo. La loro eleganza è indubbia, così come il loro fervore. Si trovano l’una davanti all’altra, separate dal grande estuario del Rio de La Plata, che altro non è che l’incontro di due fiumi, il Rio Uruguay e il Rio Paranà.
Lasciare le due significa per noi prendere le distanze da una giungla urbana sempre più incalzante, ed avvicinarci con coraggioso ardore al mondo più umano e naturale della costa. Ora, lasciando perdere Ciudad del Est, che, per movida e strutture ricettive, è considerata la Miami del Sud, ci sono molte altre località non ancora assorbite dal turismo di massa. Una di queste è Valizas, uno di quei luoghi dove è ancora possibile passeggiare la notte ed apprezzare il cielo stellato; qui le illuminazioni sono minime.

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E poi le strade sono solo sterrate, gli ostelli e le casette che ci sono sono modesti e non invadenti. Quello che rende Valizas originale è invece la sua semplicità nell’occupare un posto magico. Spunta, infatti, con discrezione, sulla costa atlantica, abitata da vecchi hippies e pescatori, e soprattutto separata dal Parco Nazionale del Cabo Polonio solo da un meraviglioso tratto di spiaggia e di dune; tratto tranquillamente percorribile a piedi, qualora siate un po’ intraprendenti, la distanza e di 7 km, che sotto il sole sembrano molti di più. In caso contrario un autobus vi porterà direttamente all’entrata del Parco e da lì con una jeep penetrerete in un uno scenario incredibile fatto di foresta, sabbia bianca, dune e mare. Emozioni pure, che rasserenerebbero anche la mente più turbata. Da Valizas proseguendo verso il nord, verso la frontiera con il Brasile, si possono incontrare con un po di attenzione altri luoghi incantati ed immersi in un verde quasi vergine che degrada dolcemente su candide spiagge bagnate da un impetuoso Oceano Atlantico.

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(La composizione d’immagine è sempre molto importante, a mio avviso è una tra le cose fondamentali che caratterizzano un buono scatto. Una delle regole base per comporre un’immagine è la regola dei terzi ossia la divisione dell’immagine in 3 parti uguali…le regole è bene saperle per poi spezzarle a proprio piacimento! 😉 )

Il Parco di Santa Teresa è uno di questi luoghi, anche se di libero c’è ben poco; l’intera aerea è preservata dall’esercito uruguaiano. Ma lo scenario naturale è solenne e vale sicuramente una visita. Poco più in là, in direzione della frontiera con il Brasile, c’è uno strano paesino, se così si può chiamare, che si affaccia sull’Oceano: La Coronilla.
Quando siamo arrivati a La Coronilla, all’imbrunire ed a bordo di un Combi, c’era uno strano silenzio, ed una strana desolazione. Si sentiva, in lontananza, solo l’infrangersi delle onde sulla battigia.
Noi stavamo cercando una piccola ONG, di cui ci avevano parlato molto bene, che si occupava di tutelare la tartaruga verde dalle minacce dell’inquinamento e delle attività di pesca, e quindi dall’uomo, una specie di primate meglio conosciuto come homo devastantis.
Sapevamo che il nostro contributo sarebbe potuto essere prezioso, ed allo stesso tempo sarebbe potuta essere un’ottima occasione per noi di conoscere il mondo segreto delle tartarughe marine.

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I tre giorni che trascorremmo assieme ai volontari, documentando e filmando le varie operazioni di ricerca e monitoraggio, si rivelarono infatti pregni di emozioni e soddisfazioni. Mettere al servizio la propria professionalità per una causa sociale può essere molto gratificante. Io e Giulia siamo un archeologo ed una fotografa e ci emozioniamo facendo queste esperienze. Il nostro progetto, Vitamina Project, è nato proprio dalla passione per la Natura, per gli animali, per le culture e per il viaggio.

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Ci siamo proposti di dimostrare che è ancora possibile viaggiare con consapevolezza, in maniera eco-sostenibile e senza avere necessariamente grandi somme di denaro a disposizione. Per provare che non si tratta solo di congetture siamo partiti da Buenos Aires lo scorso dicembre, con il proposito di arrivare a Los Angeles tra agosto e settembre prossimi, risalendo tutta la costa brasiliana e attraversando l’intero Rio delle Amazzoni. L’intenzione è soprattutto quella di documentare con foto, video e articoli, i mille scorci di un continente ricco di colori, odori, diversità: l’America Latina.

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Tra i territori e le regioni che sinora abbiamo indagato, il Brasile del sud occupa sicuramente una parte importante delle nostre ricerche. Gli stati di Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paranà ci hanno rivelato un mondo ampio, attivo ed in generale benestante. Sono gli stati che da più di un secolo ospitano i discendenti dei nostri conterranei, che a partire dal 1875 hanno lasciato l’Italia per cercare miglior sorte in America. Persuasi dalle lusinghe del governo brasiliano e dalla sua subdola propaganda, hanno lasciato la terra natia per rifarsi una nuova vita. Quella che pensavano essere una terra promessa, all’inizio, si rivelò un inferno, perché al loro arrivo i coloni italiani si videro assegnare lotti di terre totalmente occupati dalla foresta. Lo shock fu forte, ancor di più perché non c’era la possibilità di tornare in dietro. La povertà incombeva. Ma non c’era scelta: bisognava domare la Mata con abnegazione e lavoro. Con il coraggio, l’ardore e la disperazione quella gente riuscì a coltivare terre apparentemente ingestibili.

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(Per scattare quest’immagine ho utilizzato un’ottica fissa e luminosa. In questo modo ho potuto avvicinarmi dando importanza al soggetto e allo stesso tempo, grazie alla luminosità dell’ottica e sfruttando la massima apertura dell’otturatore, ho diminuito la profondità di campo creando l’effetto sfuocato che volevo.)

Ed oggi gli stati del sud sorreggono gran parte dell’economia brasiliana.
Il Brasile del Sud, crocevia di europei emigrati e di domatori di cavalli; qui prolifera la cultura gauchesca, e la carne, prevalentemente arrosto, non manca mai sulle lunghe tavolate in festa.
In particolar modo lo Stato di Rio Grande do Sul forma con l’Uruguay e l’Argentina del Nord, una macro regione che ha in comune la cultura dei grandi allevamenti, dei Gauchos, e del Mate, l’infuso di erbe che da queste parti è quasi più bevuto dell’acqua.
Il Brasile del Sud è però anche la terra del Vino. Nella zona ad ovest di Porto Alegre, denominata Serra Gaucha, nell’area geografica condivisa da Caixia do Sul, Flores da Cunha, Nova Padua e Bento Gonçalves, le valli sono tutte adibite a vigneti. I vitigni sono giovani, importati sia dall’Italia, che dalla Francia, e le grandi feste cittadine sono tutte in onore del frutto della vite. Qui l’euforia è generale, e la consapevolezza di appartenere ad una tradizione mediterranea riempie di orgoglio chiunque. Un rispetto ed una conservazione di tradizioni di un’Italia che non c’è più. Da queste parti persistono persino delle forme di dialetto che si sono cristallizzate in una vera e propria lingua: il Taliàn, ovvero la mescolanza di dialetto veneto, bresciano, bellunese, mantovano ed un po di portoghese. Quando siamo giunti in queste terre ed abbiamo incontrato questa gente, la nostra pelle ha vibrato, perché ci è sembrato di vivere una scorcio di Italia autentica, solo ferma a vari decenni fa. Abbiamo sentito da parte loro un attaccamento quasi irreale ad paese che di fatto non è il loro. Qui sono tutti brasiliani, ma si sentono tutti italiani, quasi a voler riscattare le sofferenze passate dai loro progenitori. Comunità votate al lavoro, al sacrificio e ad un fervore religioso che ormai non fa più parte della nostra società.

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Ma il Brasile del Sud non è solo terra di Gauchos e di viticoltori, è anche sede di grandi capitali: Porto Alegre, Curitiba e Florianopolis, importanti centri culturali ed accademici, nonché metropoli operative ed urbanisticamente razionali, soprattutto le prime due. Florianopolis indossa invece le vesti dell’isola incantata, che conquista chiunque calpesti il suo suolo.Floripa, come la chiamano i suoi abitanti, è però anche un isola dai vari volti: la parte nord è ormai il covo del jet set internazionale. Qui incontrerete un lusso travolgente, case bianche in stile minimal, ristoranti e disco-bar direttamente sulla spiaggia. Sono i quartieri di Jurere tradicional e soprattutto di Jurere Internacional.
La parte centrale dell’isola è invece occupata dal centro cittadino e dal centro storico, ed è qui che vive la maggior parte della popolazione. Interessante e pittoresca è la zona della Lagoa de Conceição, parallela al centro, che ospita la maggior parte di ostelli ed è ricca di vita; da sempre covo di artisti, alternativi e giovani viaggiatori.
La parte sud invece è la più selvaggia e quindi la più impressionante, lontana anni luce dall’universo mondano del nord. Le onde più alte e le spiagge più belle si trovano qui. Oltre ad essere la parte più suggestiva è anche la meno raggiungibile.

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Il nostro viaggio seguirà prima verso Rio de Janeiro e poi verso la costa Bahiana, fino a quando, giunti a Belem do Parà, risaliremo il Rio delle Amazzoni, ma questa è un’altra storia. Seguite l’incedere del nostro viaggio su www.vitaminaproject.com

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(Andate sempre alla ricerca dell’immagine che volete, avvicinatevi, allontanatevi e girate intorno al soggetto, solo così potrete capire come raggiungere ciò che cercate).

Testo di Rocco D’Alessadro
Foto di Giulia Magnaguagno
(www.giuliamagg.com)

Rocco e Giulia, italiani, trentenni. Nella vita archeologo e fotografa. Insieme hanno creato Vitamina Project, un progetto che si propone di divulgare una filosofia di viaggio eco-sostenibile e low-budget, sempre attenta alle diversità dei popoli e delle culture.
Vitamina Project racconta di un lungo viaggio attraverso tutta l’America Latina: da Buenos Aires a Los Angeles senza mai prendere aerei. Un percorso antropologico e sociale che servirà a raccogliere materiale fotografico e scritto, fondamentale per la stesura dei prossimi volumi GUIDA VITAMINA, la prima guida-diario per viaggiatori.

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