14.05.2015

NEL CUORE DELL’AMAZZONIA

14.05.2015

NEL CUORE DELL’AMAZZONIA

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(In un ambiente così fitto come la foresta Amazzonica, una tra le cose più difficili, è proprio riuscire ad individuare il soggetto da scattare tra le mille varietà naturali e i mille colori che lì si fondono tutti insieme. Una volta individuato, la mia intenzione era di dargli importanza, portandolo in primo piano e al centro dell’inquadratura e allo stesso tempo, fonderlo con l’ambiente circostante, altrettanto importante. Per questo ho utilizzato un’ottica più larga (24mm) avvicinandomi il più possibile al soggetto.)

Il nostro ambizioso progetto alla scoperta dell’America Latina (www.vitaminaproject.com), ci aveva posto di fronte, tra le tante, ad una sfida che era prima di tutto un desiderio: conoscere l’Amazzonia, polmone del mondo e calderone di sogni e suggestioni collettive.

Avendo deciso di non prendere nessun aereo per l’intero percorso di viaggio ( 26000 km da Buenos Aires a Los Angeles ), il nostro destino sarebbe corso a ritroso lungo tutto il Rio delle Amazzoni, in battello popolare, sino alla triplice frontiera tra Brasile, Colombia e Peru.

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Punto di partenza: Belem do Para, agitata città portuale, che ha avuto l’apice del prestigio agli inizi del secolo XX, con il ciclo della gomma. Il suo mercato, il Ver-o-peso, é uno dei più originali dell’America Latina, e la sua area portuale è stata recentemente rivalutata, in seguito ad un interessante esperimento di archeologia industriale.

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Da Belem, arriviamo, dopo 3 giorni di navigazione, a Santarem, con l’intento di fare il primo incontro con la selva. Ci dirigiamo così ad Alter do Chao, un tempo villaggio hippy, oggi ridente destinazione turistica, famosa per le sue spiagge di sabbia bianca, alla confluenza della Laguna Verde con il Rio Tapajos, il fiume che da il nome all’omonima Foresta Nazionale.
Quando vi arriviamo, la stagione turistica è già terminata, quella delle piogge è invece solo iniziata: le candide spiagge sono ora sommerse, di turisti non vi è più nemmeno l’ombra, e la vegetazione che ci si presenta davanti è unica. Le foreste, totalmente inondate, si trasformano in regni incantati, alberi e piante vengono sommersi da decine di metri d’acqua, ed i coccodrilli e i delfini rosa possono ora girare indisturbati negli stretti canali (igarapè), che sino a qualche settimana prima avevano costituito il tracciato di un percorso di trekking.
Tra sei mesi tutto tornerà alla normalità, ma per il momento a dominare è l’acqua!

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(Beh, inutile dire che scattare in un ambiente così è solo che un piacere: una foresta magica, sommersa da un’acqua che la specchia donandole un aspetto che non ha nulla da invidiare alle fiabe più tenebrose e affascinanti. Dico tutto ciò perchè qui, la cosa importantissima e più difficile è proprio trovare il modo, attraverso un’immagine di raccontare tutto questo. Come spesso dico, non per tutto ci sono delle regole, e in questo caso, dipende dal fotografo, dal suo personale gusto e dal suo “occhio” più o meno sensibile ad una situazione di questo tipo. Per quando mi riguarda, i riflessi mi affascinano molto e se volete un consiglio tecnico, con i riflessi prestate sempre molta attenzione, non fate l’errore di guardare solo una o l’altra parte dell’immagine! Il riflesso crea uno specchio perciò fate in modo che tutte e due le immagini siano complete!)

Da Santarem prendiamo un altro battello e dopo due giorni trascorsi a dondolarci sulle nostre amache e ad ammirare la fitta vegetazione tropicale, sbarchiamo a Manaus, leggendaria capitale dell’Amazzonia brasiliana, che durante la folle epoca del caucciù era paragonabile per bellezza ed eleganza addirittura a Parigi. Di quel periodo così illustre resta solo un suggello: il Teatro Amazonas, il primo teatro dell’America Latina, realizzato tra il 1869 e il 1896 per ospitare le opere liriche e teatrali tanto care ai baroni europei. La sua facciata in stile neoclassico e la sua cupola appariscente raccontano di un lpassato glorioso. Ad eccezione di questo gioiello e del centro storico che lo ospita, Manaus è oggi una città trascurata e pericolosa, dove vi si giunge solo per visitare la Selva circostante, e per ammirare l’incontro delle acque scure del Rio Negro con quelle più chiare del Rio Solimoes. Per conoscere l’Amazzonia più autentica, però, sapevamo che sarebbero serviti altri giorni di navigazione ed un grande spirito di adattamento. Prendiamo, perciò, l’ennesimo battello e dopo altri 3 giorni, giungiamo, nel cuore della notte, a Tefè, centro geografico ed energetico dell’Amazzonia brasiliana.

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Nelle immediate vicinanze si incontra la più grande aerea preservata del Brasile, costituita dalle Riserve di Mamiraua e di Amanà. Esclusi al turismo globale, e ricchi di segreti naturali, quei luoghi ci avrebbero raccontato delle storie indimenticabili, avremmo incontrato sulla nostra strada le temibili pantere nere, i coccodrilli, i pirarucu, ovvero i più grandi pesci di acqua dolce del mondo e rarissime specie di macachi. Avremmo persino passato alcuni giorni sulle palafitte dei riberinhos, le popolazioni che vivono letteralmente sul fiume e quindi sull’acqua, cercando di apprendere i loro antichi costumi e le loro venerabili tradizioni.

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(Queste due immagini sono l’esempio di com’è possibile utilizzare la stessa lente in due modi completamente diversi. In questo caso stiamo parlando di un’ottica medio-larga che può essere utile sia per poter descrivere un luogo, dando importanza al contesto e all’ambiente in generale, sia per poter raccontare una persona. Nei ritratti a me piace mettere la persona in evidenza ma senza escluderla dal proprio contesto, e un’ottica di questo tipo per me è perfetta, ovviamente la distanza tra macchina e soggetto si accorcia e diventa più difficile far sentire a proprio agio la persona scattata ma, come dicevo nell’ultimo articolo, a quel punto entrano in gioco la simpatia e la fiducia…tutto dipende dall’atteggiamento e dal rapporto che si riesce ad instaurare con il soggetto)

Storie di mondi remoti e difficilmente immaginabili quel viaggio ci aveva regalato, niente di più vero e naturale. Ci saremmo spinti addirittura oltre, fino alla triplice frontiera di Brasile, Peru e Colombia, sempre in barca, sempre soffrendo la forte umidità dei tropici. Qui, alla confluenza di varie culture, avremmo constatato una densità antropologica e sociale difficile da eguagliare. Poco prima della frontiera brasiliana di Tabatinga, si incontrano infatti due remoti paesini di frontiera: Benjamin Costant e Atalaya do Norte. Qui è possibile ancora udire lingue indigene e conoscere usanze tribali.
La sacralità della Foresta, non a caso, è totale!

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Testo di Rocco D’Alessadro
Foto di Giulia Magnaguagno
(www.giuliamagg.com)

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Rocco e Giulia, italiani, trentenni. Nella vita archeologo e fotografa. Insieme hanno creato Vitamina Project, un progetto che si propone di divulgare una filosofia di viaggio eco-sostenibile e low-budget, sempre attenta alle diversità dei popoli e delle culture.
Vitamina Project racconta di un lungo viaggio attraverso tutta l’America Latina: da Buenos Aires a Los Angeles senza mai prendere aerei. Un percorso antropologico e sociale che servirà a raccogliere materiale fotografico e scritto, fondamentale per la stesura dei prossimi volumi GUIDA VITAMINA, la prima guida-diario per viaggiatori.

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