06.11.2015

Street food a Firenze

06.11.2015

Street food a Firenze

Il cibo di strada è il miglior strumento che abbiamo a disposizione per comprendere le abitudini di un luogo che vogliamo scoprire. Se volete capire una città, mangiate come i locali. Anche dal punto di vista fotografico lo street food è da sempre uno dei soggetti più interessanti per le nostre foto: ci colloca immediatamente in un luogo, ci mostra gli abitanti in una delle loro azioni quotidiane, senza filtri, in un momento di socialità o in un momento privato, tra loro e qualcosa di buono. Di solito lo street food coinvolge anche colori, usi e tradizioni, luci particolari che una volta catturati nella nostra fotografia saranno in grado di riportarci indietro, ogni volta, alla prima volta che abbiamo assaggiato, anche con un po’ di coraggio, la specialità di un posto.

Streetfood

Lo street food unisce tutti. Se la curiosità o un profumo invitante vi hanno portato proprio lì, a Firenze, a far la fila dietro ad operai con i pantaloni sporchi di vernice, impiegati con la cravatta un po’ allentata, turisti coraggiosi con guide consunte in mano e giovani con un grande appetito, vi troverete davanti a uno dei cibi di strada più interessanti del nostro paese, il lampredotto.
Con il lampredotto sorge subito il primo problema: non è fotogenico.
Il lampredotto è il quarto stomaco della vacca, così caratteristico e tipico della cucina fiorentina che fino a pochi anni fa i banchini dei trippai erano tutti localizzati nel centro di Firenze, non uscivano nemmeno al di là delle mura della città. Questo dà al lampredotto un sapore speciale, sapete che state mangiando il vero cibo di Firenze.

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Eppure, se vi avvicinate abbastanza a uno dei banchini diffusi in tutta la città, potete coglierlo nel momento in cui viene alzato con ritualità dalla pentola di brodo caldo nel quale riposa. È talmente particolare che la foto risulterà interessante anche se vi concentrerete soltanto su questo soggetto.
Talvolta, per smorzare la particolarità di questo piatto, che come è ben chiaro può risultare poco piacevole in foto, è possibile stringere sulle mani che lavorano. Lì si concentra il mestiere, la sapienza dei trippai: movimenti veloci, sicuri, che raccontano di intere giornate, sotto il sole o sotto la pioggia, passate a sfamare fiorentini e turisti nell’angolo di una piazza.
Qui serve solo velocità, buona luce e un’inquadratura privilegiata, che spesso si ottiene spostandosi lateralmente al banchino dei trippai.

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Una volta ottenuto un buono scatto del lampredotto, è il momento di focalizzare l’attenzione sulle persone. Iniziamo dai trippai stessi, uomini – e donne – che più che un lavoro hanno una missione, quella di servire il miglior lampredotto agli esigenti avventori fiorentini.
Se chiede il permesso di fare una foto solitamente acconsentiranno con un sorriso pieno di orgoglio, ma finiranno per nascondersi dietro a quello che loro reputano il protagonista, il panino al lampredotto.

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Dopo aver spostato l’occhio e l’obiettivo sui trippai, le mani e il cuore dietro ai panini al lampredotto, val la pena allargare l’inquadratura per includere gli avventori. È qui che ci si rende conto della democraticità dello street food, perché in fila troverete insieme turisti, giovani, lavoratori, pensionati. L’amore per il quinto quarto, per il lampredotto, la bandiera di Firenze, non conosce differenze di generazioni, estrazione sociale o provenienza.

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Ecco quindi che nelle file troverete la rappresentazione più vera della realtà di Firenze, un’umanità colorata, impaziente, coraggiosa e curiosa.
Per un buon lampredotto a Firenze non vi resta che andare da Nerbone, lo storico trippaio del mercato di San Lorenzo, o dal trippaio del porcellino, Orazio, che ha un banchino nella piazza del Mercato Nuovo, meglio conosciuta come il Porcellino, a pochi passi da Ponte Vecchio.
Orazio fa un panino perfetto, con un pane dalla crosta sottile, con un ripieno morbido e succoso, il brodo saporito che intride la mollica e gocciola ai lati, sale e pepe in abbondanza, un lampredotto delicato e una salsa verde soda, abbastanza per aggiungere carattere ma non troppa da coprire gli altri sapori. È arte.

Giulia Scarpaleggia

Insegnante di corsi di cucina toscana per turisti, food blogger, food writer e food photographer toscana, 34 anni, di Colle Val d’Elsa (Siena).
Ho aperto il mio blog nel febbraio 2009. A Gennaio 2012 ho iniziato a lavorare a tempo pieno come food blogger e insegnante di corsi di cucina.
A dicembre 2012 è uscito il mio libro I love Toscana, Food Editore, in Italiano e in Inglese.
A settembre 2013 ho vinto il Macchianera Food Award come miglior foodblogger italiana.
A settembre 2014 è uscito il mio secondo libro Cucina da chef con ingredienti low cost, BUR.

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